Ultimo aggiornamento
venerdì, 26 aprile 2024

ALGIE ORO-FACCIALI

Epidemiologia e classificazione delle algie oro-facciali 

Le algie oro-facciali rappresentano alcune tra le patologie algologiche più impegnative dal punto di vista diagnostico e terapeutico. I disturbi del dolore oro-facciale sono condizioni altamente prevalenti e debilitanti che coinvolgono la testa, il viso e il collo. Il trattamento rappresenta una sfida per il clinico poiché la regione oro-facciale è particolarmente complessa e quindi il dolore può derivare da molte fonti. Il medico deve avere una solida conoscenza delle condizioni di dolore che derivano da queste strutture per una corretta diagnosi, e un approccio gestionale multidisciplinare è fortemente raccomandato.

Il dolore oro-facciale è un problema comune. Negli Stati Uniti, si stima che il 22% della popolazione generale abbia sofferto di qualche forma di dolore facciale nei 6 mesi precedenti di 6 mesi prima della valutazione clinica, di cui il 12% era mal di denti. Nel Regno Unito, il 7% della popolazione generale ha riferito di avere un certo grado di dolore orofacciale cronico.

Sul piano epidemiologico, la più comune patologia oro-facciale è rappresentata dalla sindrome disfunzionale dolorosa dell’articolazione temporo-mandibolare (s. ATM) (prevalenza: 10-15%), seguita dalla nevralgia erpetica e posterpetica oftalmica (Ia branca trigeminale) e dalla nevralgia trigeminale essenziale. Vi è poi un ampio spettro di sindromi dolorose di incerta e/o dubbia collocazione nosografica (e.g., s. di Sluder, carotidinia, s. di Eagle, ecc.), che mette a dura prova l’abilità diagnostica del terapeuta. Infine vanno menzionate le algie facciali atipiche, il cui carico psicogeno appare elevato.

Una classificazione prevalentemente eziopatogenetica riconosce tre principali categorie :

  1. Dolore primariamente somatico, prevalentemente di origine muscolo-scheletrica (e.g., s. ATM) o viscerale (e.g. pulpite, scialoadenite) con sistema nocicettivo integro.
  2. Dolore primariamente neuropatico, da disfunzioni/lesioni delle vie nervose (e.g., nevralgia trigeminale)
  3. Dolore primariamente psicogeno (raro) (e.g., algie facciali atipiche)
  4. Forme miste

Considerazioni generali

Il dolore oro-facciale acuto è più comunemente causato da patologie odontoiatriche (dolore odontogeno) e non rappresenta una sfida diagnostico-terapeutica in sé. Il dolore oro-facciale cronico è invece attribuibile generalmente a patologie muscoloscheletriche (e.g., s. ATM) e neuropatiche (e.g., nevralgia del trigemino o glossofaringea).

Nevralgia Trigeminale

Si distingue una forma essenziale e una sintomatica (e.g., post-traumatica, erpetica, nella sclerosi multipla, neoplastica, vascolare). La nevralgia trigeminale essenziale colpisce tipicamente pazienti in età avanzata, con una lieve prevalenza femminile. Si stima che 1 persona su 8.000 all’anno sviluppi la nevralgia del trigemino. Il dolore neuropatico, di tipo parossistico (della durata di pochi secondi) e come shock elettrico, si distribuisce solitamente alla IIa o IIIa branca trigeminale, è unilaterale e di elevata intensità. Il dolore può essere attivato dalla stimolazione di trigger zones (come lavarsi il viso, pulirsi i denti, ecc.), ma non disturba abitualmente il sonno notturno. L’obiettività neurologica è sostanzialmente negativa e nelle fasi intercritiche il paziente è asintomatico.

L’eziopatogenesi della nevralgia trigeminale essenziale è ancora largamente sconosciuta. Numerose sono le ipotesi formulate: demielinizzazione, fattori compressivi locali, conflitti neurovascolari (e.g., con l’arteria cerebellare superiore). Gli accertamenti diagnostici prevedono l’impiego di tecniche di neuroimaging (e.g., Angio-Risonanza Magnetica). Il trattamento antalgico prevede, in primis,l’impiego di farmaci anti-epilettici, come la carbamazepina, l’oxacarbamazepina e il pregabalin, e, in caso di fallimento terapeutico, il ricorso a metodiche invasive, come la termorizotomia selettiva della branca trigeminale affetta, la microcompressione del ganglio di Gasser con la tecnica del palloncino e, in casi selezionati con conflitto neurovascolare documentato, l’intervento neurochirurgico di decompressione e di risoluzione del conflitto. Più recentemente la radiochirurgia stereotassica (Gamma-Knife), non invasiva, è stata utilizzata con risultati incoraggianti.

Nevralgia Erpetica e Post-Erpetica Oftalmica

Nell’infezione da herpes zoster, la localizzazione oftalmica è la più comune dopo quella toracica. La diagnosi è facilitata dall’associazione del dolore con l’eruzione cutanea periorbitaria e dal non raro interessamento oculare (congiuntiva, sclera, cornea). La sintomatologia dolorosa, solitamente urente, si risolve spontaneamente nell’arco di due-tre settimane nel 50% dei casi, ma evolve in nevralgia post-erpetica cronica nella restante parte. Il trattamento della fase acuta è quello tipico dell’infezione virale (acyclovir, famcyclovir), ancorchè scarsamente efficace nel controllo del dolore e nella prevenzione dell’evoluzione cronica. Utili i trattamenti topici (e.g., solu-sospensione di ac. acetilsalicilico ed etere etilico) (vedi anche “dolore neuropatico”) e, nelle forme post-erpetiche, amitriptilina con flufenazina o gabapentin.

Nevralgia glossofaringea

La nevralgia glossofaringea rappresenta una patologia rara nell’area d’innervazione dal nervo glossofaringeo. I siti dolorosi possono includere il rinofaringe, la parte posteriore della lingua, la gola, le tonsille, la laringe e l’orecchio. Questo disturbo presenta parossismi di dolore lancinanti che possono verificarsi più volte al giorno con la stimolazione della regione orofaringea. I trigger comuni possono includere la stimolazione meccanica della zona trigger così come attività che includono masticazione, deglutizione, tosse, parlare e movimenti del capo. Per escludere patologie correlate alla compressione del nervo e al possibile carcinoma orofaringeo, è necessario eseguire l’imaging con una TC della testa e una risonanza magnetica cerebrale. Il trattamento farmacologico della nevralgia glossofaringea è simile a quello della nevralgia trigeminale. In caso di fallimento dell’approccio farmacologico, possono essere prese in considerazione procedure chirurgiche, come una decompressione microvascolare dal nervo glossofaringeo, termocoagulazione a radiofrequenza e gamma radiochirurgia.

Sindrome Disfunzionale Dolorosa dell’Articolazione Temporo-Mandibolare

La  forma di gran lunga più comune di dolore oro-facciale masticatorio è costituita dalla s. disfunzionale dolorosa dell’articolazione temporo-mandibolare (s. ATM). I disturbi dell’ATM sono il risultato di una incoordinazione disco-condilo che influenza la biomeccanica dell’ATM.

Colpisce prevalentemente il sesso femminile, nella 4a e 5a decade. Familiarità, alterazioni tissutali (a livello articolare) e fattori psicologici sono considerati i più importanti determinanti eziopatogenetici. Concorrono allo sviluppo della sindrome disfunzioni dell’apparato masticatorio, “atteggiamenti” oro-masticatori (come il bruxismo), malocclusioni dentarie, microtraumi, ed elevata e sostenuta tensione emotiva e muscolare.

Il dolore è non di rado confuso con quello trigeminale essenziale, perché caratterizzato più spesso da parossismi dolorosi sovraimposti ad un dolore subcontinuo, esacerbato dalla masticazione, dal parlare e dalla tensione emotiva. L’esame fisiatrico rileva la presenza di trigger points a carico dei mm. pterigoidei medio-laterali e digastrico, unitamente ad alterazioni funzionali dell’articolazione temporo-mandibolare (confermate dagli accertamenti neuroradiologici, quali, ad es., la Risonanza Magnetica), configurando una vera e propria mio-artropatia. L’apertura della bocca si accompagna non di rado a clicking (rumore di scroscio) della mandibola, con eventuale deviazione controlaterale.

Il trattamento richiede la stretta collaborazione dell’algologo, odontoiatra o chirurgo maxillo-facciale, neurologo e psichiatra/psicologo. L’approccio multimodale, caratterizzato da una combinazione sinergica di un ciclo di infiltrazioni antalgiche (prevalentemente a carico dei mm. pterigoidei), ortodonzia (con applicazione di byte), farmacoterapia (e.g., amitriptilina e neurolettici) e tecniche di rilassamento (e.g., ipnosi) offre la migliore prospettiva terapeutica.

Dolore Muscolare Riferito

In taluni casi il dolore riferito a livello facciale è attivato da foci nocicettivi a distanza. Ad es., algie craniofacciali possono essere scatenate e sostenute da trigger points a livello di distretti muscolari anche distanti, come il m. sterno-cleido-mastoideo, il trapezio, ecc. La digito-pressione dei trigger points responsabili evoca il dolore riferito, mentre la loro neutralizzazione (ad es., con infiltrazioni anestetiche locali) abolisce il dolore.

Sindrome della Bocca Urente (Burning Mouth Syndrome)

La sindrome della bocca urente (Burning Mouth Syndrome, BMS) è caratterizzata da un dolore urente in bocca (lingua, labbra, mucosa orale) senza alcuna causa dentale o medica sottostante nota.

La BMS è relativamente non comune interessando fino a cinque individui ogni 100.000 della popolazione generale, con una netta prevalenza femminile ed in età post-menopausa.

L’eziopatogenesi è sconosciuta e numerose teorie (e.g., neuropatia a piccole fibre, squilibri ormonali, fattori psicologici) si contendono il campo, senza tuttavia una significativa evidenza clinica. Conseguentemente i trattamenti sono spesso inefficaci.

Il trattamento  ipnotico è di qualche efficacia in casi selezionati.

Algie Facciali Atipiche

La diagnosi di algia facciale atipica è una diagnosi ad excludendum e si riferisce a tutti quei casi di algie oro-facciali non altrimenti diagnosticabili. Sono relativamente rare e colpiscono quasi esclusivamente soggetti di sesso femminile in età adulta. Il dolore è bizzarro, senza distribuzione anatomica, non di rado bilaterale. L’obiettività neurofisiatrica è negativa, mentre il ruolo dei fattori psicogeni è solitamente elevato (isteria, stati borderline, ecc.). Sono spesso pazienti che mettono a dura prova le abilità diagnostiche e terapeutiche del medico, risultando refrattari a quasi tutti i trattamenti (farmacologici, psicoterapici, ecc.).

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DOLORE NEUROPATICO E DA DEAFFERENTAZIONE

 

Generalità

Il dolore neuropatico viene definito come un dolore, abitualmente cronico,  conseguente ed associato a lesione e/o patologia del Sistema Nervoso Somato-Sensoriale. Nell’ambito delle sindromi dolorose croniche, il dolore neuropatico rappresenta una sfida sul piano fisiopatologico, diagnostico e terapeutico, per l’estrema complessità dei quadri clinici, la molteplicità dei meccanismi patogenetici,  le difficoltà diagnostiche e di trattamento. E tuttavia in ben pochi settori dell’algologia le nostre conoscenze sono così progredite in queste ultime decadi come nell’ambito del dolore neuropatico.

Le ragioni sono molteplici: la disponibilità, unica in campo algologico, di un valido modello animale (i.e., il modello di Bennett, caratterizzato dalla legatura del n. sciatico), lo sviluppo di sempre più sofisticate tecniche d’indagine elettrofisiologica e di neuroimaging, il crescente interesse di vasti settori della ricerca clinica e di base e, last but not least, l’avvento di nuove strategie e tecniche di trattamento medico-chirurgico delle sindromi dolorose neuropatiche.

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DOLORE ONCOLOGICO

DOLORE ONCOLOGICO

Importanza del problema

 

Stime attendibili valutano in oltre 6.000.000 nel mondo il numero dei pazienti che soffrono ogni anno di dolore da cancro avanzato ed in oltre 16.000.000 il numero dei pazienti cancerosi che, in fasi più o meno avanzate della malattia, soffrono di qualche sindrome dolorosa. Il totale di oltre 19.000.000 di pazienti offre un’idea rappresentativa della magnitudine e del carattere “epidemico” del dolore oncologico. Adottando analoghe estrapolazioni, si stima che in Italia ogni anno si ammalino di cancro circa 250.000 persone e, di queste, circa 110.000 ne muoiano: dai 60.000 agli 80.000 necessitano di terapia antalgica.

Il 20‑50% dei pazienti già nelle fasi iniziali della malattia neoplastica lamenta un dolore significativo. Il fenomeno interessa non meno del 50% dei soggetti negli stadi intermedi, per salire ad oltre il 70% nei pazienti con cancro avanzato. Il dolore è d’intensità medio‑elevata nel 50% dei casi, molto elevata o insopportabile in l/3 di essi.

I tumori a più elevata incidenza di dolore risultano essere le metastasi (prevalentemente ossee) e i sarcomi (80%), quelli a minore incidenza le leucemie ed i linfomi.

Nonostante ciò, ancora troppo frequentemente il dolore da cancro viene trattato in maniera del tutto inadeguata, persino nei paesi più industrializzati ed a più elevata qualità di vita, cosicché un numero inaccettabilmente alto di pazienti si dibatte tra sofferenze intollerabili ed inalleviate.

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LOW BACK PAIN (MAL DI SCHIENA)

Epidemiologia

ll dolore di origine rachidea, prevalentemente lombare o cervicale, é uno dei più comuni disturbi che inducono il paziente a richiedere l’intervento del medico, e la sua frequenza tra le affezioni dolorose croniche é seconda solo alla cefalea.

Il dolore di origine lombare, più comunemente indicato con la terminologia inglese low back pain, é di gran lunga il più diffuso e rilevante tra i dolori rachidei. E’ stima comune che l’80% della popolazione generale soffra di low back pain almeno una volta nella propria vita e che esso rappresenti il disturbo socialmente ed economicamente più costoso nella fascia d’età tra i 30 e i 60 anni .

Quanto ad una distribuzione epidemiologica sul piano eziopatogenetico, uno studio compiuto su un vasto campione della popolazione nella pratica medica generale ha rilevato come in circa l’80% dei casi le cause del low back pain fossero “aspecifiche”, non legate cioé ad una specifica lesione organica, mentre solo nel 6-8% erano documentabili discopatie, seguite, con minore incidenza, da cause miscellaneee (neoplasie, processi infiammatori, ecc.).

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LE CEFALEE

Introduzione

Le cefalee rappresentano la più frequente causa di ricorso al medico e la manifestazione più comune di dolore acuto e/o cronico, costituendo  un considerevole peso economico e sociale. La loro gestione ed il loro trattamento restano ancora un problema clinico di grande impegno , nonostante l’ampia disponibilità di farmaci e di metodiche psicofisiologiche.

Le cefalee sono classicamente classificate come “Primarie” o “Secondarie”. Le Cefalee Croniche Primarie (CCP) sono generalmente benigne, ricorrenti e non causate da patologie primarie dell’encefalo, come l’emicrania o la cefalea di tipo tensivo. Rappresentano circa il 90% di tutte le cefalee. Le CCP causano spesso situazioni di rilevante disabilità, imponendo un notevole onere non solo ai pazienti ed alle loro famiglie, ma anche alla società nel suo complesso a causa della elevata prevalenza nella popolazione generale.

Le Cefalee Secondarie sono causate da una patologia organica cranio-encefalica, quali neoplasie, emorragie cerebrali o processi infiammatori.

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