Ultimo aggiornamento
venerdì, 19 aprile 2024

FIBROMIALGIA

PRIMO PIANO

FIBROMIALGIA

La Fibromialgia (FM) è una sindrome dolorosa cronica, funzionale e complessa, caratterizzata da dolore incoercibile muscolo-scheletrico diffuso, associato a “fatica cronica”, sonno non ristoratore, concomitanti psicopatologici (e.g., ansia, depressione, disturbi di personalità), deficit neurocognitivi e, complessivamente, una Qualità di Vita notevolmente compromessa.

Il termine fibromialgia, deriva dal latino fibro- (tessuto fibroso) e dal greco myo (muscolo) unito ad algos(dolore). Il termine quindi significa letteralmente “dolore nel tessuto connettivo-muscolare”.

Cenni storici

Il dolore cronico diffuso era già noto nella letteratura del XIX secolo, ma il termine “fibromialgia” venne introdotto solo nel 1981 come sinonimo di altre definizioni storiche come “reumatismo psicogeno”, “fibrosite”, ecc.

Nel 1990 l’ American College of Rheumatology pubblicò i primi criteri di classificazione diagnostica della FM, aggiornati nel 2010.

Classificazione

L’ International Classification of Diseases (ICD-10) classifica la fibromialgia tra i “Disturbi del sistema muscoloscheletrico e connettivo” e la definisce come una “sindrome somatica funzionale” piuttosto che come un disturbo mentale, benchè disturbi mentali siano co-morbidi e talora co-patogenetici con la FM.

Epidemiologia

La fibromialgia è spesso misconosciuta e sottostimata. Il 75% dei pazienti che ne soffrono non sono riconosciuti affetti da FM. Tuttavia recenti statistiche la indicano ai primi posti tra le malattie reumatiche. La sua prevalenza in questo gruppo di malattie risulta essere infatti compresa tra il 12% e il 20%; nella popolazione generale si attesta invece allo 0,5% nei maschi e al 3,5% nelle femmine. Vi è dunque una netta prevalenza femminile, con una proporzione f/m tra 7:1 e 9:1. L’età di insorgenza è prevalentemente tra la terza e la quinta decade, anche se sono stati segnalati rari casi di fibromialgia in età pediatrica o durante l’adolescenza.

In questi ultimi anni si è registrato una significativo incremento epidemiologico della FM (raddoppio negli ultimi 5 anni presso il Centro di Terapia di Dolore dell’Università di Milano), che si configura come una vera e propria emergenza algologica.

Clinica

Il quadro clinico è dominato da un dolore cronico ed incoercibile, che interessa numerosi distretti muscolo-scheletrici del soma (e.g., colonna vertebrale, cingolo scapolare e pelvico, arti superiori ed inferiori), talora con andamento “migrante” e distribuzione a macchia di leopardo. Il “dolore spontaneo” si associa spesso a “dolore provocato” dassociata ad allodinia (i.e., percezione dolorosa di stimoli tattili, non-nocicettivi).

Il dolore è riferito dai pazienti in vario modo (da un indolenzimento costante a disestesico, tipo puntura di spilli, fino a dolori acuti e insopportabili), ma è comunque localizzato e accentuato in punti focali dettitender points (cioè punti dove è possibile evocare previa digitopressione un dolore localizzato); da non confondere con i trigger points in cui il dolore non è ben localizzato ma tende ad essere percepito come irradiato ad una zona limitrofa.

La sintomatologia dolorosa si accompagna ad un cluster di sintomi e segni variegati, ma caratteristici, quali astenia, ovvero affaticamento cronico, disturbi del sonno (i.e., sonno non ristoratore), concomitanti psicopatologici (e.g., ansia, depressione, disturbi di personalità, ecc.), sindrome del colon irritabile, cefalea, disturbi neurocognitivi.

Anche la Qualità della Vita (QoL) ne risulta gravemente compromessa.

Va segnalato inoltre come vi sia una significativa sovrapposizione di sintomi tra FM e Sindrome da Fatica Cronica (CFS, Chronic Fatigue Syndrome), tale da ritenersi strettamente imparentate le due sindromi.

 

Criteri Diagnostici

Dopo aver escluso altre patologie muscolo-scheletriche e neurologiche, sono due gli elementi che, una volta accertati, permettono una corretta diagnosi della fibromialgia:

  • Un’accurata anamnesi dalla quale si evinca che il dolore è diffuso simmetricamente e che perdura da almeno 3 mesi.
  • Palpazione dei 18 punti chiave detti tender points, che nel malato fibromialgico risultano dolorosi in numero non inferiore ad 11.
  • Un metodo più comprensivo di valutazione della FM è stato sviluppato nel 2010. Questi nuovi criteri includono un indice del dolore diffuso (WPI, Widespread Pain Index) ed una Scala di Severità dei Sintomi (SS, Symptom Severity Scale). L’indice WPI rileva fino a 19 aree somatiche dolorose riportate dal paziente nelle ultime due settimane. La scala SS misura la severità soggettiva della fatica percepita dal paziente, il livello non-ristoratore del sonno, i sintomi cognitivi e quelli generali somatici (incluso il dolore). Lo scoring per ciascun item della scala varia da 0 a 3, con un indice complessivo variabile tra 0 e 12. I criteri per la diagnosi di FM risultano essere i seguenti: WPI ≥ 7 e SS ≥ 5 o WPI 3–6 e SS ≥ 9. Un punteggio composito ≥13 punti è indicativo per una diagnosi di FM, se il sintomo persiste da almeno tre mesi.

Questi nuovi criteri diagnostici presentano il vantaggio di una valutazione più accurata e comprensiva dei sintomi fibromialgici, intesi come uno spettro di continuità (continuum) del processo di “Centralizzazione del Dolore” o di “fibromialgicità”, ovvero di “propensione alla fibromialgia” (fibromyalgianess).

Diagnostica Strumentale

L’esame obiettivo rimane l’esame più valido in cui attraverso la pressione dei punti chiave si rileva la presenza della malattia.

Gli esami di laboratorio (e.g., parametri reumatologici) risultano spesso negativi o inconclusivi, come pure gli accertamenti istopatologici a carico dei tender points. Gli esami radiologici tradizionali (e.g.,radiogrammi in bianco) sono di scarsa utilità.

Indagini neuropsicologiche e tecniche di neuroimaging (e.g., RM, Risonanza Magnetica) possono essere utili per una valutazione anatomo-funzionale del paziente fibromialgico (vedi più avanti in eziopatogenesi), come pure una indagine psicopatologica e psicodinamica, allo scopo di valutare il ruolo dei fattori psicologici e dello stile di vita nella genesi e/o evoluzione della patologia fibromialgica.

Eziopatogenesi

L’eziopatogenesi della sindrome è sconosciuta, ma il recente riscontro di alterazioni centrali (deficit neurocognitivi e marcata riduzione della sostanza grigia cerebrale in determinate aree) induce a ipotizzare una genesi centrale del disturbo, piuttosto che una periferica, in mancanza di specifiche alterazioni tissutali.

Allo stato delle nostre conoscenze, la FM può essere considerata come una sindrome disfunzionale dolorosa complessa su base centrale. La genesi della FM si ritiene dunque riferibile ad alterazioni morfo-funzionali con ipersensibilizzazione del Sistema Nervoso Centrale, piuttosto che attribuibile a cause periferiche. Ciò non vuol dire che non ci possa essere un contributo nocicettivo periferico (e.g., di tipo infiammatorio).

Fattori genetici, neurobiologici e psicologici possono contribuire alla eziopatogenesi della FM, che sembra quindi presentare una causalità multifattoriale.

Genetica. Esiste una considerevole predisposizione familiare alla FM, con maggior rischio in gemelli monozigoti ed eterozigoti. La modalità di trasmissione non è conosciuta, ma è verosimilmente poligenica, associata a polimorfismo non specifico.

Fattori Neurobiologici. I pazienti con FM presentano uno stato accentuato di ipervigilanza e di arousal(iperattivazione) somatico, che si traduce in uno stato ossessivo e continuo di iperattenzione verso i propri sintomi e vissuti somatici, con conseguente amplificazione della percezione dolorosa e dei sintomi associati. Questa caratteristica ricorrente è stata variamente interpretata e numerose ipotesi patogenetiche sono state formulate (e.g., dopaminergica, serotoninergica, neuroendocrina, simpatalgica, ecc.), nessuna delle quali fondata su una evidenza significativa.

Recentemente studi di neuroimaging hanno documentato alterazioni consistenti e ricorrenti nell’ambito del Sistema Nervoso Centrale in pazienti affetti da FM. In generale, è stata riscontrata una significativa riduzione della densità neuronale ovvero una diminuzione della sostanza grigia cerebrale in numerose aree cerebrali deputate all’elaborazione dell’input nocicettivo (e.g., talamo, corteccia somatosensoriale primaria, corteccia prefrontale, corteccia cingolata anteriore), espressione verosimile di un invecchiamento precoce cerebrale, non Alzheimer o età anagrafica – correlato. Anche aree coinvolte nei processi mnestici (come le aree paraippocampali) sono spesso interessate.

Parallelamente, studi neuropsicologici hanno rilevato la presenza di deficit cognitivi, prevalentemente a carico delle funzioni mnestiche (e.g., working memory o “memoria di lavoro”) ed attentive. Tali deficit di performance sono risultati congrui con le alterazioni cerebrali rilevate negli studi di neuroimaging.

Quale sia il rapporto tra decadimento cognitivo ed invecchiamento prematuro del cervello in aree dedicate è difficile dire allo stato attuale delle nostre conoscenze, ma è probabile che il rapporto sia circolare, nel senso che l’uno può favorire l’altro e viceversa, in una sorta di circolo vizioso.

Fattori psicologici e stile di vita. Il ruolo dei fattori psicologici, degli eventi stressanti e dello stile di vita nei pazienti con FM è particolarmente importante in termini di co-morbidità e, verosimilmente, co-patogenesi. Disturbi generalizzati d’ansia, depressione del tono umorale, disturbi somatoformi e di personalità (e.g., personalità aggressivo-dipendente) sono frequenti e rilevanti nei pazienti fibromialgici. Eventi stressanti maggiori e minori vengono percepiti con notevole amplificazione, riverberando il vissuto doloroso. Anche lo stile di vita, notevolmente compromesso e distorto nei suoi aspetti qualitativi, tende a peggiorare la Qualità della Vita, rendendo insostenibile l’esperienza dolorosa.

In aggiunta a questi dati, relativamente comuni ad altri pazienti con dolore cronico, studi recenti sottolineano il ruolo di eventi avversi infantili e/o adolescenziali nella genesi della FM in una proporzione non trascurabile di pazienti. Eventi psicotraumatici avversi infantili e/o adolescenziali, spesso in termini di abuso (fisico/emozionale/sessuale) e/o neglect (abbandono) agirebbero come promotori di Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD, Post-Traumatic Stress Disorder) che, ancorchè solitamente rimosso, determinebbe una somatizzazione ritardata (anche a distanza di anni dall’evento). Quest’ultima determinerebbe, in ultima analisi, la condizione fibromialgica (De Benedittis, 2012; 2014).

Trattamento

Poiché l’eziopatogenesi delle FM rimane largamente sconosciuta, non esiste una terapia causale riconosciuta. Tuttavia le migliori conoscenze dei suoi meccanismi fisiopatologici hanno consentito una maggiore efficacia dei trattamenti sintomatici, che utilizzano principalmente terapie farmacologiche, tecniche psicologiche e fisiche, in un approccio preferibilmente integrato.

Terapie farmacologiche

Molti sono i farmaci utilizzati, la maggior parte con scarsa o nulla evidenza ed efficacia clinica.

Farmaci Antidepressivi. Sulla base della evidenza clinica attualmente disponibile, i farmaci di prima scelta per il trattamento della FM risultano l’amitriptilina e la duloxetina, approvati dai principali organi di controllo americani ed europei.

L’amitriptilina (un antidepressivo triciclico a prevalente azione serotoninergica), ben noto ed impiegato in altre sindromi dolorose croniche, risulta efficace a dosaggi medio-elevati non solo sul dolore, ma anche sui sintomi associati (depressione , disturbi del sonno), contribuendo al miglioramento della Qualità della Vita. Gli effetti indesiderati (sedazione, secchezza delle fauci, aumento del peso, ecc.) sono generalmente ben controllati, mediante una attenta e graduale titolazione del farmaco. Il farmaco va assunto per lunghi periodi.

Un minor numero di pazienti trae beneficio dalla Duloxetina e/ o dalla Venlafaxina, ovvero antidepressivi che agiscono sia sulla serotonina che sulla noradrenalina (SNRI, Serotonin Noradrenaline Reuptake Inhibitors). Negli USA viene utilizzato anche il Milnacipran, tuttavia non approvato dall’Agenzia Europea del Farmaco a causa della scarsa efficacia dimostrata.

Farmaci anti-epilettici. Farmaci antiepilettici gabapentinoidi come il Gabapentin ed il Pregabalin(gabaergici , inibitori del glutamato) sono stati utilizzati con discreti risultati in circa 1/3 dei casi trattati, talora tuttavia con non trascurabili effetti collaterali.

Oppiacei. I farmaci oppiacei non sono generalmente raccomandati, anche se il Tramadolo (farmaco composito con attività parzialmente oppiacea) può essere impiegato per brevi periodi.

Altri. FANS , corticosteroidi ed altri trattamenti ormonali non sono raccomandati, mentre miorilassanti centrali e/o periferici come la Ciclobenzaprina e la Tizanidina sono stati impiegati con qualche efficacia. Promettenti risultati sono stati ottenuti con l’impiego dei Cannabinoidi, derivati di sintesi della marijuana (non ancora prescrivibili nel nostro Paese per la indicazione in oggetto).

 

Trattamenti Psicologici

Ipnosi e terapie cognitivo-comportamentali (CBT) rappresentano i trattamenti psicologici di prima scelta e sono accreditati di una moderata efficacia nel modulare i sintomi della FM .

Ipnosi. L’ipnositerapia si è rivelata un utile strumento terapeutico non solo per il controllo dei sintomi (specie se associata all’auto-ipnosi) ma, in casi selezionati, anche per il trattamento del Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD), conseguente ad abuso e/o neglect, mediante l’ipnoanalisi.

Un recente studio controllato (De Benedittis, 2014) ha dimostrato la superiorità del trattamento ipnotico (associato, per ragioni etiche, al trattamento farmacologico standard) rispetto al puro trattamento farmacologico nel lungo termine, ma non nel breve termine. L’ipnosi ha altresì migliorato altri parametri quali la qualità del sonno, il tono dell’umore, la fatica cronica e la complessiva Qualità della Vita.

Terapie Cognitivo-Comportamentali (CBT). In studi controllati e meta-analisi, le terapie CBT migliorano nel breve termine la capacità del paziente di gestire positivamente il dolore (i.e., la sua resilienza), ma non incidono significativamente sull’ intensità del dolore e i sintomi associati.

Terapie Fisiche

Terapie fisiche blande (e.g., esercizi in ambiente con ridotta gravità, come il nuoto) possono modulare il dolore e migliorare la Qualità della Vita, contribuendo al mantenimento delle forma fisica e riducendo il rischio di ipotrofie muscolari da non-uso.

Prognosi

La FM non è una malattia degenerativa né ad esito fatale, ma persistente e pervasiva. Se non trattati adeguatamente, i sintomi peggiorano nel tempo e influenzano molto negativamente la Qualità della Vita. Per questo, il trattamento deve essere tempestivo e il più possibile efficace e protratto nel tempo.

RACCOMANDAZIONI E CONCLUSIONI

La fibromialgia (FM) rappresenta una patologia dolorosa di particolare severità, di crescente osservazione, non di rado refrattaria a molti trattamenti.

I pazienti affetti da FM vengono spesso misconosciuti per altre patologie (e.g., osteoartrite, patologie psichiatriche, ecc.) a causa del quadro clinico complesso e difficilmente spiegabile in termini medici. Di conseguenza, la diagnosi è spesso tardiva e segue a lunghi periodi di accertamenti e trattamenti inappropriati ed inefficaci, aumentando così il livello di frustrazione dei pazienti che ne sono affetti.

Per questo è di fondamentale importanza che i pazienti con FM si rivolgano a Centri di eccellenza nel trattamento del Dolore Cronico ed a professionisti qualificati.

Educazione e rassicurazione del paziente circa la sua reale condizione clinica e le più incoraggianti prospettive terapeutiche devono essere alla base delle relazione terapeutica, nell’ambito di aspettative realistiche.

Il trattamento ottimale non esiste ancora, ma l’Approccio Multi-Modale, articolato in una intelligente combinazione di farmacoterapie, psicoterapia (come l’ipnosi) e blandi esercizi fisici, garantisce una ragionevole probabilità di efficacia.

Il trattamento deve essere prolungato nel tempo, perché i risultati terapeutici non risultino effimeri.