Ultimo aggiornamento
martedì, 23 aprile 2024

LE CEFALEE

Introduzione

Le cefalee rappresentano la più frequente causa di ricorso al medico e la manifestazione più comune di dolore acuto e/o cronico, costituendo  un considerevole peso economico e sociale. La loro gestione ed il loro trattamento restano ancora un problema clinico di grande impegno , nonostante l’ampia disponibilità di farmaci e di metodiche psicofisiologiche.

Le cefalee sono classicamente classificate come “Primarie” o “Secondarie”. Le Cefalee Croniche Primarie (CCP) sono generalmente benigne, ricorrenti e non causate da patologie primarie dell’encefalo, come l’emicrania o la cefalea di tipo tensivo. Rappresentano circa il 90% di tutte le cefalee. Le CCP causano spesso situazioni di rilevante disabilità, imponendo un notevole onere non solo ai pazienti ed alle loro famiglie, ma anche alla società nel suo complesso a causa della elevata prevalenza nella popolazione generale.

Le Cefalee Secondarie sono causate da una patologia organica cranio-encefalica, quali neoplasie, emorragie cerebrali o processi infiammatori.

Epidemiologia

Nel complesso, la prevalenza globale delle CCP  è del 47%, del 10% nell’ emicrania, del 38% nelle Cefalee di Tipo Tensivo (CTT) (Jensen & Stovner, 2008). Come previsto, le prevalenze nel corso della vita sono più elevate: 66% nelle CCP,  14% nell’emicrania,  46% nelle CTT (Jensen & Stovner, 2008).

Il rapporto di genere uomo-donna per l’emicrania tra gli adulti varia da 1: 2 a 1: 3. Nei bambini in età prepuberale, non vi è generalmente alcuna differenza di sesso. Nelle CTT le donne sono solo leggermente più colpite rispetto agli uomini (rapporto 4:5) (Jensen & Stovner, 2008). Le cefalee colpiscono solitamente adulti in età compresa tra 20-50 anni, ma l’età evolutiva ed adolescenziale non è risparmiata.

Il ruolo degli eventi stressanti

Anche se le CCP sono considerate come una patologia multifattoriale, stress psicofisici si ritiene  svolgano un ruolo significativo nella predisposizione e / o esacerbazione della cefalea, in particolare delle due sindromi più comuni: emicrania e CTT. Dinamiche emotive possono svolgere un ruolo importante nello scatenare / aggravare molti attacchi di  cefalea. Stress prolungati o tensioni nervose,  ma anche il lasciarsi andare (“let-down”) dopo intensi eventi emotivi, rabbia interiorizzata, conflitti interiori e una vasta gamma di altri fattori emotivi esercitano un’influenza indiscussa nel provocare attacchi di cefalea. Eventi stressanti maggiori possono essere associati all’insorgenza di CPP, verosimilmente agenti come precursori di malattia. In termini di contenuto dell’evento, eventi di perdite (e.g., morte o malattia di una familiare o persona cara, malattia personale) sono tra i più significativi nell’essere percepiti come stressanti, non di rado in maniera inconscia, configurando una vera e propria “depressione mascherata”.

Da questo punto di vista, le CCP  rientrano nella categoria dei disturbi psicosomatici e psicofisiologici, i cui i meccanismi fisiopatologici sono influenzati pesantemente da fattori psicologici.

 

Classificazione

Le Cefalee Croniche Primarie (CPP) comprendono una vasta gamma di cefalee, ma le tipologie di gran lunga più comuni sono l’emicrania e cefalea di tipo tensivo (CTT).. Altre, meno comuni cefalee primarie sono : a) la cefalea mista (ovvero una combinazione di emicrania e di cefalea di tipo tensivo); b) la cefalea a grappolo; c) la cefalea post-traumatica; d) la cefalea psicogena.

Emicrania

L’emicrania è classificabile in due principali sottotipi: 1. Emicrania senza aura (EsA) e 2. Emicrania con aura (EcA).

Sul piano eziopatogenetico, l’emicrania è ritenuta essere dovuta ad una combinazione di fattori ambientali e genetici. Circa due terzi dei casi presenta una familiarità. Gli attacchi emicranici diminuiscono solitamente durante la gravidanza, a differenza della Cefalea di tipo tensivo (CTT).

Un numero consistente di pazienti emicranici (soprattutto donne) fa un uso frequente ed eccessivo di ergotamina, triptani o analgesici non narcotici che perpetuano e aggravano la cefalea, piuttosto che alleviarla (la cosiddetta “cefalea da abuso di farmaci” (MOH, Medication Overuse Headache).

Segni e sintomi

L’ Emicrania senza aura (EsA) è una malattia neurologica cronica caratterizzata da ricorrenti e da moderate a forti cefalee accessuali,  spesso associate ad una serie di sintomi/segni del sistema nervoso autonomo. Rappresenta il 90% di tutti gli attacchi di emicrania. Secondo i criteri diagnostici della International Headache Society (IHS) (2013), in genere la la cefalea colpisce un emicranio, è spesso pulsante o martellante, e dura da 4 a 72 ore. I sintomi associati includono nausea, vomito, fotofobia e sonofobia (sensibilità alla luce, il suono, agli odori.) Il dolore è generalmente aggravato dall’ attività fisica.

L’Emicrania con aura (EcA)  si differenzia da quella senza aura per la presenza di sintomi/segni neurologici focali (“aura”) che solitamente precedono, ma talora possono accompagnare o seguire, l’attacco. L’aura dura abitualmente meno di un’ora ed é più comunemente visiva. I segni più frequenti sono fosfeni, scotomi scintillanti e spettri di fortificazione o teicopsie (dall’aspetto simile a zig-zag o merli di un castello). Meno frequenti i disturbi sensorimotori (e.g., parestesie, ipoestesie,ipostenie ecc.). L’emicrania con aura é più rara di quella senza aura (10%), ma di maggiore gravità. Se non adeguatamente trattati, circa 1/4 dei pazienti con emicrania con aura possono sviluppare attacchi transitori ischemici (TIA).

Fisiopatologia

L’ emicrania è da ritenersi un disturbo neurovascolare, il cui primum movens è neuronale, con l’innesco di una cascata di eventi che conduce ad una attivazione del sistema trigemino-vascolare, responsabile ultimo della cefalea.  Numerosi neurotrasmettitori sono coinvolti (e.g. serotonina, CGRP, calcitonin gene related peptide, ecc.).

Aura.  L’aura è caratterizzata da una depressione propagata dell’ attività elettrica corticale (spreading depression), a  diffusione caudo-craniale, dalla corteccia occipitale al solco post-centrale. Questa depolarizzazione determina una serie di meccanismi biochimici e neurotrasmettitoriali con conseguente transitoria oligoemia ( o riduzione del flusso ematico cerebrale regionale) , responsabile dell’aura. A questa seguirebbe una vasodilatazione passiva dei vasi extracranici, con attivazione del sistema trigeminovascolare, associata alla cefalea vera e propria.

Di conseguenza, le variazioni di flusso cerebrale non sembrano essere più, come ritenuto per il passato, l’evento primario dell’attacco emicranico, ma il risultato di una perturbata attività neuronale.

 

Cefalea di tipo tensivo (CTT)

La Cefalea di tipo tensivo (CTT) rappresenta la più comune cefalea primaria. Può essere classificata in due principali sottotipi: cronica ed episodica. Il sottotipo cronico è una patologia dolorosa che causa una seria compromissione della qualità della vita ed elevata disabilità.

Sintomi e segni

La CTT si presenta con episodi quotidiani o molto frequenti di mal di testa della durata da minuti a giorni. Il dolore è tipicamente bilaterale, costrittivo o gravativo in termini di qualità, e di intensità lieve o moderata;  non peggiora con l’attività fisica di routine. Ci possono essere lieve nausea, fotofobia e fonofobia. La caratteristica distintiva principale è la dolorabilità alla palpazione manuale delle aree mialgiche interessate (solitamente fronto-temporali o occipito-nucali) , documentabile anche con  esami strumentali (e.g.,  EMG di superficie o tecniche algometriche).

Fisiopatologia

I meccanismi della CCT  non sono del tutto noti. L’importanza del meccanismo della contrazione muscolare protratta nelle genesi della cefalea cosiddetta di tipo tensivo é stata oggetto di disputa per molto tempo. Spesso vi é evidenza di aumentata dolorabilità dei muscoli pericranici e cervicali, rilevata con la palpazione manuale o con l’algometro a pressione. E’ stata talora riscontrata un’accresciuta attività EMG nei muscoli pericranici a riposo o durante tests psicologici.

Il dolore nella cefalea di tipo tensivo é stato considerato su base ischemica.  Ma è più probabile che la fisiopatologia della cefalea di tipo tensivo sia da attribuire ad un malfunzionamento dei sistemi di controllo nocicettivo. Fattori psicologici, come un’abnorme risposta dolorosa a stimoli stressogeni o una ridotta capacità di fronteggiarli, possono svolgere un ruolo egualmente importante.

E’ dunque plausibile che la CTT condivida con l’Emicrania una genesi centrale, differenziandosi da questa in termini di organo bersaglio : apparato muscolare vs. target vascolare.

 

Cefalea a grappolo

La cefalea a grappolo (cluster headache) é una cefalea su base neurovascolare che colpisce elettivamente il sesso maschile (70%) ed é caratterizzata dalla distribuzione nel tempo degli attacchi in periodi (o “grappoli”) della durata media di 4-8 settimane. I grappoli possono presentarsi una-due volte l’anno o essere, più raramente, cronici (cefalea a grappolo cronica). La cefalea é strettamente unilaterale, interessa più comunemente la regione temporo-orbitaria, ha carattere spesso pulsante o urente, di elevata intensità e di durata compresa tra 15 e 180 minuti, una o più volte durante le 24 ore. Gli attacchi hanno un andamento circadiano (metà ricorrono di notte) e si accompagnano ad un corteo di sintomi/segni neurovegetativi parasimpatici (lacrimazione nell’occhio ipsilaterale, rinorrea, talora s. di Claude-Bernard Horner, con miosi, ptosi ed enoftalmo). Durante l’attacco, il paziente presenta spesso uno stato di irrequietezza psicomotoria.

Fisiopatologia

Anche se le cause specifiche non sono state ancora individuate, la cefalea a grappolo viene ritenuta una cefalea su base neuro-vascolare, imparentata con l’emicrania, ma da questa distinta per alcune specificità, quali l’andamento circadiano degli attacchi, la presenza di importanti segni autonomici parasimpatici, la netta prevalenza maschile rispetto all’emicrania.

Alcune teorie, supportate da qualche studio di neuroimaging, ipotizzano un coinvolgimento ipotalamico che spiegherebbe il comportamento circadiano e circumannuale della cefalea a grappolo.

 

Criteri Diagnostici delle  Cefalee Croniche Primarie (CCP)

La diagnosi di CCP si basa fondamentalmente sulla clinica. La ricostruzione anamnestica, la descrizione della cefalea e dei sintomi/segni associati, e l’esame neurologico orientano verso la corretta diagnosi clinica. Le indagini strumentali sono di limitata utilità, in assenza di chiari segni neurologici. Utile la Risonanza Magnetica Encefalica, in grado non solo di escludere eventuali patologie organiche, ma anche di evidenziare anormalità della sostanza bianca cerebrale (WMA, White Matter Abnormalities), frequentemente riscontrabili soprattutto in pazienti emicranici. Il loro significato clinico è ancora controverso. Nel sospetto di emicrania può essere indicato

lo studio doppler-sonografico dei tronchi sovra-aortici e del circolo cerebrale.

 

Principi di Trattamento delle Cefalee Croniche Primarie (CCP)

Il trattamento delle cefalee croniche primarie (CCP) può essere sintomatico o preventivo.

Il trattamento sintomatico è finalizzato al controllo del singolo attacco di cefalea, mentre il trattamento profilattico si propone di prevenire e/o ridurre frequenza e intensità della cefalea, lasciando al trattamento sintomatico il controllo degli attacchi residui.

La scelta dell’uno o l’altro approccio terepautico dipende dalla frequenza/intensità degli attacchi e dalla cronicità del disturbo. Si ritiene che il trattamento sintomatico sia indicato fino a 3-4 attacchi al mese, mentre il trattamento profilattico è consigliabile oltre la frequenza suindicata.

Le strategie di trattamento possono essere farmacologiche e non-farmacologiche. Spesso la combinazione di entrambi gli approcci (Approccio Multimodale) assicura i migliori risultati terapeutici.

Nell’approccio farmacologico profilattico (di gran lunga il più usato nelle CCP), la rotazione dei farmaci, mediamente ogni sei mesi, è necessaria per evitare il rischio di dipendenza e per assicurare la persistenza dell’efficacia terapeutica nel tempo.

 

Emicrania

Trattamento Sintomatico

Il trattamento sintomatico dell’emicrania, da lieve a moderata, può avvalersi di farmaci analgesici non-steroidei (FANS), quali l’aspirina , da sola o in combinazione con la metoclopramide, il paracetamolo , il ketorolac, l’ibuprofene o il diclofenac. 

L’ergotamina e la diidroergotamina sono i farmaci più vecchi che vengono ancora prescritti per l’emicrania. Essi sembrano ugualmente efficaci rispetto ai triptani, sono meno costosi e gli effetti negativi sono solitamente benigni. In molti casi, sembrano essere l’opzione di trattamento più efficace.

I triptani, come il sumatriptan, sono efficaci sia per il dolore che per la nausea, in più del 75% delle persone.  Essi sono i trattamenti inizialmente raccomandati per coloro che presentano un dolore da moderato a grave o per quelli con sintomi più lievi che non rispondono agli analgesici semplici. Le diverse forme disponibili includono quella orale, quella iniettabile, gli spray nasali e le compresse di dissoluzione orale.

In generale, tutti i triptani sembrano ugualmente efficaci, con effetti collaterali simili. La maggior parte degli effetti indesiderati sono lievi, come le vampate di calore, senso di costrizione toracica e parestesie. Tuttavia, i triptani devono essere prescritti con cautela in coloro con fattori di rischio per malattie vascolari. Se usati più di 10 giorni al mese possono creare dipendenza, contribuendo alla ben nota Medication Overuse Headache (MOH) o Cefalea da Abuso Farmacologico, di difficile trattamento.

I triptani esplicano la loro azione attraverso la stimolazione dei recettori serotoninergici 5-HT1B e 5-HT1D. Tra questi, i più frequentemente usati sono il sumatriptan, iniezioni sottocutanee o spray nasali ; il rizatriptan e lo zolmitriptan, compresse orosolubili.

Trattamento Profilattico

I farmaci preventivi contro l’emicrania sono considerati efficaci se riducono la frequenza o la gravità degli attacchi di almeno il 50%. Una vasta gamma di farmaci è stata proposta per la profilassi dell’emicrania. Le categorie di farmaci, che sulla base dell’evidenza, hanno dimostrato una maggiore efficacia, unitamente ad un buon profilo di sicurezza, sono:

Farmaci Antidepressivi.  L’amitriptilina (un antidepressivo triciclico a prevalente azione serotoninergica), ben noto ed impiegato in altre sindromi dolorose croniche, risulta efficace a dosaggi medio-elevati non solo sul dolore, ma anche sui sintomi associati (depressione , disturbi del sonno), contribuendo al miglioramento della Qualità della Vita. Gli effetti indesiderati (sedazione, secchezza delle fauci, aumento del peso, ecc.) sono generalmente ben controllati, mediante una attenta e graduale titolazione del farmaco. L’effetto antalgico è specifico, dipendente dall’aumentato re-uptake della serotonina a livello sinaptico, ed indipendente ddall’effetto timolettico. Il farmaco va assunto per lunghi periodi.

Un minor numero di pazienti trae beneficio dalla nortriptilina (catabolita attivo dell’amitriptilina) e/ o dalla venlafaxina, ovvero antidepressivi che agiscono sia sulla serotonina che sulla noradrenalina (SNRI, Serotonin Noradrenaline Reuptake Inhibitors).

Farmaci beta-bloccanti. Il propranololo e, con minore effetto, l’atenololo e il metoprololo hanno dimostrato una comprovata efficacia.

Farmaci calcio-antagonisti. La flunarizina, la cinnarizina ed il verapamil sono stati impiegati nella profilassi dell’emicrania con risultati discreti, ma gravati da non trascurabili effetti collaterali (soprattutto extrapiramidali).

Farmaci anti-epilettici. Farmaci antiepilettici gabapentinoidi come il gabapentin ed il pregabalin (gabaergici , inibitori del glutamato) ,  l’acido valproico e il topiramato rappresentano altrettante opzioni terapeutiche in pazienti resistenti ai più comuni trattamenti.

Terapie non-farmacologiche.  Il trattamento farmacologico può essere utilmente integrato da terapie non farmacologiche quali: a) l’ipnosi, soprattutto se abbinata all’auto-ipnosi (vedi focus ☞ archivio giugno 2016 ☞ L’ipnosi nel controllo del dolore) ; b) thermo-bio-feedback, che utilizza strumentazioni acustico-visive ed un training di apprendimento per fornire al paziente una capacità di auto-controllo del tono vasale cerebrale, con conseguente effetto antalgico.

Altre metodiche sono risultate finora empiriche (e.g., agopuntura; tossina botulinica) o ancora in fase sperimentale (e.g., tDCS, transcranial direct current stimulation).

Infine, importante è il cambiamento dello stile di vita, con riduzione dei principali fattori di rischio (stress psicologici, fattori alimentari, ecc.).

 

Cefalea di Tipo Tensivo

Trattamento Sintomatico

Il trattamento sintomatico della Cefalea di Tipo Tensivo (CTT) è sostanzialmente identico a quello impiegato nell’emicrania (i.e., FANS) , eccezion fatta per l’impiego degli ergotaminici e dei triptani, ovviamente non indicati, in quanto vaso-costrittori.

Trattamento Profilattico

Il trattamento profilattico della CTT in buona parte è sovrapponibile  a quello dell’emicrania (con esclusione dei beta-bloccanti). I farmaci più impiegati sono i triciclici antidepressivi (e.g., amitriptilina e nortriptilina), eventualmente associati a neurolettici minori.

Infiltrazioni antalgiche dei trigger points. Cicli di infiltrazioni antalgiche dei trigger points con anestetici locali (e.g., lidocaina o bupivacaina), eventualmente associati a microdosi di desametasone, possono integrare efficacemente il trattamento farmacologico.

Terapie non-farmacologiche.  Il trattamento farmacologico può essere utilmente integrato da terapie non farmacologiche quali: a) l’ipnosi, soprattutto se abbinata all’auto-ipnosi, con tecniche di rilassamento progressivo (vedi focus ☞ archivio giugno 2016 ☞ L’ipnosi nel controllo del dolore)  ; b) EMG-bio-feedback, che utilizza strumentazioni acustico-visive ed un training di apprendimento per istruire il paziente all’auto-controllo del tono muscolare, con conseguente effetto antalgico; c) agopuntura.

 

Cefalea a grappolo

Trattamento Sintomatico dell’Attacco

L’inalazione di Ossigeno (7-10/l/minuto) per 15 minuti, purchè all’esordio dell’attacco diurno, ha non solo valore diagnostico in molti casi di cefalea a grappolo, ma anche terapeutico,  in quanto l’assunzione di ossigeno provoca vasocostrizione cerebrale con conseguente risoluzione dell’attacco.

Il trattamento sintomatico dell’attacco prevede l’impiego di triptani. A causa del dolore intenso e improvviso, ma di durata limitata, la cefalea a grappolo necessita di un trattamento ad efficacia rapida; è dunque preferibile l’assunzione tramite iniezioni sottocutanee piuttosto che per bocca. Sono disponibili anche formulazioni in spray nasale.

Trattamento Sintomatico del Grappolo

Ben più importante del trattamento sintomatico dell’attacco è il trattamento abortivo del grappolo. La strategia elettiva è rappresentata dal trattamento corticosteroideo (prednisone) con dosi da scalare progressivamente nell’arco di un mese, efficace nella stragrande maggioranza dei casi.

Trattamento Profilattico 

Il trattamento profilattico è indicato e praticabile soprattutto quando l’anamnesi del paziente rivela una prevedibile periodicità dei periodi di grappolo. In questi casi il trattamento profilattico va istituito circa un mese prima del grappolo atteso e proseguito per almeno un mese dopo la conclusione stimata del grappolo.

I farmaci di riferimento sono il carbonato di litio (previo dosaggio plasmatico dei livelli di litiemia) ed il verapamil, calcio-antagonista.

Altri Trattamenti. Le rare forme croniche di cefalea a grappolo, spesso refrattarie a quasi tutti i trattamenti, sono state oggetto, nel passato, dei più svariati tentativi terapeutici (e.g., cocainizzazione del ganglio sfeno-palatino, interventi neurochirurgici ablativi o di neurostimolazione, ad es., ipotalamica, ecc.). Queste metodiche sono state sostanzialmente abbandonate perchè poco efficaci o gravate da elevati profili di rischio. Attualmente la neurostimolazione del n. grande occipitale di Arnold rappresenta una incoraggiante e relativamente sicura prospettiva terapeutica in casi altamente selezionati.

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